Vincenzo Ferlita nato in Sicilia nel 1990 a Santo Stefano Quisquina in provincia di
Agrigento.
Inizia a frequentare lo studio di un pittore del suo paese natale e apprende le sue istruzioni
pittoriche tradizionali, lezioni sulle tempere e l'ammirazione per i panneggi del Tiziano.
Nel 2004 decide di intraprendere gli studi presso l'Istituto d'Arte di Sciacca e
Consegue il diploma professionale nel 2009 in seguito si trasferisce a Palermo per iscriversi
al corso di Pittura all'Accademia di belle Arti e da esterno segue anche il corso di Pittura di
arte sacra studiando le varie tecniche pittoriche, in particolare fiamminghe e barocche.
Nel 2013 consegue la triennale di primo livello in pittura,dopo pochi mesi decide di
trasferirsi in Germania per studiare il tedesco ed è alla scoperta di nuovi stimoli per la sua
ricerca artistica. Influenzato dalla “Bauhaus” e dalla “Street Art” inizia a ignorare i metodi
accademici ed allontanarsi man mano dalla pittura figurativa soprattutto dall'iperrealismo,
per dedicarsi ad una ricerca del segno, della luce, dello spazio e dalla smaterializzazione
della forma.
Nel frattempo si mantiene economicamente facendo pitture su commissione e lavorando
nella ristorazione. Ritorna a Palermo nel 2016 per continuare gli studi in Accademia e
partecipare alle sue prime mostre collettive ( Attraverso i punti#1, Palazzo Ziino),( All you
can see, Rizzuto Gallery) e farà la sua prima mostra personale nel 2018 (Area Wernicke,
L'Ascensore ).
Nel 2019 consegue il bienno specialisto di secondo livello in pittura e partecipa ad altre
mostre collettive ( La ripetizione è una forma di cambiamento,Haus der kunst Düsseldorf-
Palermo, Cantieri Culturali della Zisa ) portando avanti la propria ricerca, fino alla sua seconda
mostra personale tenutasi alla fine del primo lockdown nel giugno 2020 ( Astratto Concreto,
Rizzuto Gallery) negli anni studia e matura la sua pittura, prevalentemente a Palermo città
che ama e dove attualmente risiede.
Ferlita Lavora con il mezzo espressivo della pittura caratterizzato da un continuo
spostamento del limite percettivo, utilizzando forme che assomigliano a reticolati spaziali,
cerca di drammatizzare il soggetto sospendendolo in uno spazio altro. Il corpo della figura si
stacca dallo sfondo che viene neutralizzato dall’alternanza di vuoti e pieni e dal trasporto del
fenomeno visivo in una dimensione autonoma sorretta dalla logica interna del disegno.
Disegno e segno convivono in tensione sia come groppo cromatico, sia come intreccio auto-
generativo. Non solo, infatti la figura segna un centro visivo ma crea il suo spazio
fagocitando tutte le possibili soluzioni di profondità, ossia destabilizzando la dialettica tra
immagine e sfondo con una continua generazione di eventi visivi, eventi che si avvalgono di
una leva cromatica che utilizza i contrasti come rete con cui intrappola lo sguardo.
Il lavoro di Ferlita si sta muovendo verso una sorta di scrittura automatica, che si esibisce
come struttura incontrollata, ricostruendo e reinterpretando i dati della realtà equilibrando le
qualità strutturali e le qualità superficiali.