ALL YOU CAN SEE - Group Show pittura contemporanea Rizzuto Gallery - Palermo 29/04/18 All you can see, mostra collettiva sulla pittura contemporanea , accompagnata da un testo di Francesco De Grandi in mostra 10 artisti . Come ben spiega il titolo , "All you can see" ci permette di guardare finchè possiamo ; una "scorpacciata" di immagini , cercando di prendere il meglio e senza sprechi . Come quella pratica legata al cibo ormai ampiamente diffusa , i social e la rete ci saziano quotidianamente di cibo per gli occhi Ed è stato proprio dopo averli apprezzati attraverso i loro profili Instagram che alcuni di loro sono stati invitati ; giovani e giovanissimi artisti provenienti e stabiliti in Paesi e città diverse , dal'Ucraina alla California , da Singapore alla Svezia , dal regno Unito fino al New Mexico : Maxim Brandt , Daniel Jensen  , Kevin McNameeTweed , Alvin Ong , Mike Shultis , Ben Edmunds . Gli altri artisti in mosta sono Vincenzo Ferlita, Cosimo Rizzuto, Katharina Maderthaner e Stefano Cumia . Una Collettiva sulla pittura contemporanea di respiro internazionale che connette realtà diverse e geograficamente distanti , ma che riescono a comunicare tra loro in un dialogo decisamente stimolante . 

 

ALL YOU CAN SEE - testo di F.De Grandi I nostri dispositivi retroilluminati rendono più accesi e luminosi i colori, la realtà è più viva e chiara che mai e sempre più fuori dal tempo e dallo spazio. L'eternità del momento ci proietta nell'immediato come in un viaggio astrale dove la visione appartiene ad un luogo fuori dallo spazio fisico e dal tempo conseguenziale. In questa immagine luminosa, immediata e sempre sveglia, vaghiamo come sonnambuli, mesmerizzati dal mito di un luogo dove la libera espressione e la pluralità dell'informazione ci permette di accedere liberamente alla conoscenza democratica e collettiva. In realtà spesso la luce è dietro, molto dietro, e illumina sagome di pupazzi che insieme alle nostre ombre proiettano una realtà, una delle tante, e la luce è un algoritmo che costruisce il nuovo mondo. L'era cosiddetta digitale ha portato negli anni Novanta una vera e propria febbre nell'innovare i mezzi espressivi dell'arte: monitor, schermi al plasma, stampe a getto d'inchiostro, pvc e foto ad alta definizione superritoccate hanno letteralmente invaso il campo. Il DIY (do it yourself) mai come allora diventò alla portata di tutti, nel campo dell'editoria fiorirono riviste underground, magazine ipertestuali, portali di informazione indipendente e i movimenti di controinformazione svilupparono i loro canali di trasmissione creando una rete potentissima. L'informazione, la capacità di connettersi e di conseguenza organizzarsi, nei primi anni Duemila organizzò e potenziò i movimenti e le masse critiche al punto che lo Stato e il potere furono costretti a sedare nel sangue quest'onda di dissenso, vedi i fatti di Genova del 2001 o la Primavera Araba del 2010. Lentamente però la rete e l'uso compulsivo dei social ha sviluppato delle vere e proprie malattie disfunzionali, le famose “legioni di imbecilli” di cui parlava il compianto Umberto Eco, che ci hanno portato per reazione verso un desiderio fisico di realtà, verità e riflessione. Facebook ormai è diventato un ricovero per alienati e analfabeti disfunzionali, si preferisce usare Instagram, luogo del voyerismo muto e del culto del seguito, che è diventato anche un mezzo agile per veicolare il proprio lavoro e le storie che attorno al proprio fare arricchiscono la comprensione dello stesso, una sorta di mega catalogo on line della creatività mondiale, un elenco telefonico ipertrofico e carico di informazioni con cui poter contattare il prossimo. Credo che la fioritura della pittura internazionale di questi ultimi anni e del suo riposizionamento al centro della ricerca da parte degli artisti che la praticano, non più come uno dei mezzi usati ma di nuovo come lo scopo, come unico mezzo d'espressione, sia il segnale di come le nuove generazioni sentano un impellente bisogno di verità e di fisicità: l'urgenza di avere di nuovo un corpo. Negli anni Novanta gli artisti guidavano astronavi come se guidassero

calessi. Oggi gli artisti sono astronavi, il loro nascere immersi nell'era digitale ha modificato la loro rete neuronale, le cellule celebrali hanno creato nuove e inaspettate connessioni. Questi pittori nati tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta dipingono con lentezza, ma pensano ad una velocità impressionante. Muovono i loro pollici opponibili rapidi (le altre quattro dita, probabilmente si fonderanno insieme come quei vecchi guanti anni settanta, ma fortunatamente la pittura è una questione di polso!) ri-campionando il mondo. Il cervello dei nuovi pittori è cambiato per sempre, ma la pittura è sempre uguale, va fatta sporcandosi le mani, impone una presenza, segna un tempo sottratto al potere. Viva, sporca e sudata per quelle ore di intensa vita vissuta da condividere in diretta con me, che dall'altra parte del mondo vivo gli stessi odori di olio e ascelle. Com'è oggi la pittura? Non c'è più una rivoluzione della materia, una modificazione del supporto a creare la modernità. Assistiamo ad un modo diverso di pensare, di immaginare, di creare e relazionare le immagini, i gesti, i modi di vedere e di rappresentare le idee, un infinito orizzonte degli eventi su cui viaggiare a velocità della luce e connettere assieme le pitture rupestri primitive e i tiranti dei portabagagli, le pale d'altare del duecento e le coperte termiche di Decatlon, le arti applicate, il fai da te, Enrico Prampolini con i cataloghi delle vernici per esterni con le cartelle colore, Man Ray che incontra un vaso di cetriolini e ancora simboli grafici decontestualizzati che dialogano con superfici informali, senza soluzione di continuità. Usano tutto, lo fanno con qualsiasi cosa, mettono assieme tutto quello che hanno a disposizione, liberi dal linguaggio, dalla tecnica, dal tempo e dallo spazio. Fanno scorrere il mondo e prendono quello che più gli piace. «Tutto quello che riusciamo a vedere è nostro!» sembrano dire. Una deriva di modi e immagini che vengono processati dalla pittura, digeriti, verificati e portati di nuovo nel mondo reale, nello spazio fisico e in quella dimensione temporale della vita e della morte che ci ricorda che nella nostra caducità sta il senso dell'esistenza, pronti a raccogliere sulla superficie della loro pelle pittorica la poesia del nostro tempo. Francesco De Grandi Palermo Aprile 2018.

Horro Vacui (SX) - Tumulto (DX) 

2018

tecnica mista su tela

ALL YOU CAN SEE 

 Rizzuto Gallery  LINK :  http://www.rizzutogallery.com/en/exhibitions/detail/all-you-can-see